lunedì 6 agosto 2012

Il nazionalismo delle Olimpiadi.


Grillo ha ragione quando afferma che le Olimpiadi sono il trionfo del nazionalismo. Ha ragioni da vendere nel denunciare lo stato febbrile delle Olimpiadi di Londra come il festival del nazionalismo. Quel nazionalismo che è il male oscuro della politica e che ha sempre portato grossi guai. Sempre. Grillo ha colto il senso della degradazione dei valori nel coinvolgimento emotivo dello sport ormai nelle mani di multinazionali e del business. Nessun altro politico o comico (tanto in Italia sono ormai la stessa cosa) l’ha fatto notare. Il nazionalismo e l’attenzione spasmodica del numero delle medaglie del medagliere costituiscono un magma incandescente di nazionalismo e di patria nel senso più deteriore e meno onorevole del termine. Giornalisti (compresi quelli famosi per sobrietà della BBC) che hanno perduto la flemma se mai l’hanno avuta, telecronisti che sono sembrati cani da guardia nel gridare e tifare spudoratamente senza ritegno, commentatori che invece di dare la notizia hanno fatto sproloqui sulle capacità, la passione e le virtù di questo o quell’atleta, ecc.. Si osannano ricchissimi calciatori, facoltosi giocatori di pallacanestro e di tennis dimenticando le difficoltà di vita di molti piccoli e sconosciuti atleti (soprattutto gli ultimi) che sono il vero sale dello spirito di Olimpia. Da questo punto di vista, a nostro giudizio, l’atleta da ricordare non è il vincitore Usain Bolt ma il “perdente” Oscar Pistorius che ha corso con delle protesi al posto delle gambe. Non c’è atleta che vince l’oro che non “sbocconcella” in modo vergognoso la medaglia d’oro, emarginando tutti gli altri. Non c’è atleta che non si faccia fotografare con la bandiera nazionale, avvolto come una mummia intorno ai colori nazionali. Nessuno, diciamo nessun atleta dell’UE ha avuto il coraggio, come ha suggerito Aldo Cazzullo, di sbandierare la bandiera europea al posto di quella nazionale, non solo per mostrare fiducia nel difficile processo di costruzione dell’Unione Europea ma, soprattutto, per lasciare nudi i nazionalisti di tutti i 27 paesi, in cui “vince chi perde” per primo il proprio nazionalismo, il suo conformismo deteriore, il suo campanilismo limitato, la sua identità sciovinista. Tutto è poco dignitoso. Come minimo.

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