mercoledì 28 maggio 2008

Lingue nazionali e potere: un connubio malefico.

Tra i tanti temi politici affrontati oggi dai media scegliamo di commentarne uno, apparentemente frivolo. Il tema riguarda la denuncia del presentatore della Bbc che accusa l’Eurofestival (famosa competizione canora europea in cui l’Italia da qualche anno si è autoesclusa) di brogli, perché a suo dire i paesi ex-sovietici, facendo comunella tra loro, hanno deciso di far vincere la Russia. A noi interessa poco chi ha vinto. Interessano, invece, due aspetti della singolare vicenda. Il primo è che la kermesse europea è comunque una occasione allegra. Vedere sfilare 43 rappresentanti del bel canto europeo è sempre un evento piacevole. E poi, suvvia, siamo tutti amanti della musica, il bel canto appassiona, coinvolge, rende partecipi, permette di scegliere i migliori artisti del continente. Insomma, una specie di Canzonissima continentale, in grande stile. L’altro motivo è invece decisamente più serio, diciamo più politico. Riguarda le lingue e la maledizione che Dio lanciò all’uomo quando volendolo punire efficacemente gli appioppò, con la famosa invettiva su Babilonia, il caos e la confusione nella comunicazione. In poche parole, Dio fece presente agli uomini che sarebbero stati costretti a parlare tante di quelle lingue che non si sarebbero più intesi fra loro, con la conseguenza di diventare sempre rivali e nel massimo della confusione. In verità, le parole bibliche sono esattamente le seguenti:

Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente gli uomini […] dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». Ma il Signore […] disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

Funesta sentenza. Da quel momento la lingua, invece di unire, ha sempre diviso e a nulla sono valsi i tentativi dei teologi cattolici di dire che si è trattato di un bene per l’uomo. Ecco una interpretazione ”minimalista”, fra le tante, di matrice cattolica:

E’ una benedizione o una maledizione? Forse è una benedizione perché permette di evitare un'altra maledizione cioè l'imperialismo universale e anche la sovrappopolazione, cioè la volontà di mantenere tutta la popolazione in una sola regione e obbligarla a partecipare a una “sola impresa”, cioè la costruzione di un solo impero, partecipare a un solo progetto politico. Questo sarebbe un primo significato. E' una benedizione perché impedisce la maledizione o cancella la maledizione. Perciò possiamo forse dire che abbiamo già lì un elemento di benedizione. Se il testo biblico dice che Dio è intervenuto forse è perché Dio protegge i valori sacri. I valori sacri sono quelli che uno non può cancellare, non può danneggiare senza danneggiare il patrimonio universale, senza danneggiare quello che fa parte dell'umanità come tale.

Al di là di quello che dicono i teologi, sempre al lavoro per proteggere i testi conformi ai dogmi, frequentemente in attività per evitare che l’uso di categorie razionali siano in grado di confutarli, le lingue a nostro parere hanno modificato la loro “essenza” da strumento di comprensione e di dialogo a strumento di discriminazione e di vendetta. Senza dubbio, cosa hanno sempre fatto per prima cosa gli eserciti per umiliare una nazione battuta in campo militare e invasa dai propri uomini? Hanno cambiato la lingua del luogo, i cartelli stradali, i nomi delle vie, ed hanno imposto la propria lingua procedendo a una assimilazione forzata. Basti citare cosa è successo, prima della seconda guerra mondiale, in Albania, in Abissinia e in Slovenia con l’invasione fascista, nei paesi baltici con l'invasione sovietica, ecc… Perché? Per umiliare l’altro, il vinto, che diventa diverso se non si omogenizza, che viene bastonato se non si rende uniforme al vincitore, che viene punito se non si rieduca alla nuova tradizione. Ma c’è anche un altro motivo, non migliore del precedente, cioè per imporre la propria autorità. E cosa c’è di più razzista e xenofobo per una popolazione sottomessa se non quella di perdere la propria identità linguistica e le proprie radici comuni e sparire nell’uniforme anonimato dell’altro popolo? Dunque, la lingua come arma suprema di sottomissione e di colonizzazione, in grado di eliminare “ciò che fu” di un gruppo etnico. La ritrovata unità linguistica dei paesi “in combutta”, come ha detto il commentatore della Bbc, ha irritato gli inglesi, i quali non si rendono conto come il mondo anglosassone, che adopera la lingua dei vincitori da sempre, sia stato punito fino al punto di essere ultimo in classifica. La classifica finale dell’Eurofestival di quest’anno ha visto prima la canzone russa, seconda quella ukraina e, ultima, l’Inghilterra. Apriti cielo. Gli inglesi ci sono rimasti malissimo. Se la sono legata al dito, mentre i russi sono esplosi di felicità. Far rinascere i blocchi seguendo un percorso linguistico è per la Bbc una brutta cosa. Manca soltanto diciamo noi “il fattore R” per eccellenza, dove qui R sta per Religione (ortodossa, cattolica, ebraica o musulmana) e saremmo spacciati definitivamente ripiombando ai tempi cupi delle guerre di religione. Urge eliminare questi fattori di separatezza dalle strutture europee. Ne va della stessa esistenza dell’UE. Non si può andare avanti con 23 lingue al parlamento europeo. Poi, che sia l’Inghilterra o un’altra nazione ultima della classifica dell’Eurofestival interessa poco. Ma per favore, limitiamo l’importanza delle lingue scegliendone una sola come lingua comune e mantenendo la propria a livello locale. Anzi, sarebbe questo il momento di tentare di decidere l’uso di una sola lingua comune, soprannazionale. Parliamone “pacatamente e serenamente”, ma decidiamo. Forse non tutto è perduto. Agli amici inglesi diciamo di non prendersela. In fondo in fondo, “sono solo canzonette” e di tutti i partecipanti si può dire: “sono solo ragazzi”.

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