giovedì 3 gennaio 2013

Ottimismo e volontà di riuscire.


Nonostante i populismi e i difetti che noi italiani manifestiamo sempre nella nostra vita politica una cosa è certa: che gli scenari politici della prossima legislatura saranno diversi da quelli precedenti a cui siamo abituati. Con tutte le difficoltà possibili e immaginabili il prossimo Parlamento italiano non sarà più lo stesso, almeno nella grande maggioranza dei parlamentari. Le primarie del Pd e quelle del M5S hanno già introdotto la novità della pulizia dei volti dei nuovi candidati al prossimo Parlamento. Aggiungete che il Presidente del Consiglio Mario Monti è una persona pulita e onesta e avrete la misura del cambiamento epocale che ci accingiamo a osservare nel 2013. Certo, rimarranno la Lega, i partitini dello zero-virgola-qualcosa-percento e, soprattutto, il partito di Berlusconi che non hanno aderito al rinnovamento, evitando accuratamente primarie e cambiamento dei nomi dei futuri parlamentari. In ogni caso la portata dell'evento rimarrà comunque elevata. Ma se tutto va come dovrebbe andare si prospetta un nuovo modo di considerare il Parlamento. Dunque, animo. Possiamo essere più ottimisti perché la fine del tunnel è già in vista. Su, coraggio. La prossima legislatura potrebbe rappresentare la svolta desiderata in grado di dare senso e ruolo alla Repubblica italiana così come l’orgoglio di tutti i cittadini per la rinascita del paese chiede da decenni. Su, forza. Vogliamo un paese che riprenda il ruolo di grande nazione al centro di una politica interna più equa e solidale e con l’obiettivo di una politica europea e internazionale più adeguata alle nostre potenzialità. Auguri Italia!

4 commenti:

Ennio ha detto...

Parte I
DELLA COSTITUZIONE ovvero APOLOGIA DEL VOTO DEBOLE
Molti eventi si stanno accavallando in questo convulso finale di legislatura. A volte il pensiero vi si perde, altre rischia di essere superato da situazioni nuove e impreviste. Il tentativo di trovarvi un filo logico può perciò risultare velleitario, se non del tutto inutile. Soprattutto, si corre il rischio di perdere il significato della partita politica dal cui esito può dipendere per lunghi anni il futuro del nostro Paese.
Tutti i partiti si rendono disponibili per governare e la governabilità sembra essere diventata il bene supremo al quale dover orientare accordi e alleanze. Alla governabilità, alla potenziale alleanza con Casini, Bersani ha da tempo sacrificato il Partito Radicale. Ma per i valori cui si ispira la sinistra è come voler essere religiosi senza curarsi dello Spirito.
In nome della governabilità è nato il Governo Monti e ora Monti ripropone sé stesso. Il suo programma appare in larga misura condivisibile sui temi dell’economia anche se molti altri non avrebbero difficoltà a scriverne di analoghi se non di migliori. Forse occorre prestare maggiore attenzione non a quello che dice ma a quello che non dice per evitare che la sua avventura finisca prima ancora di avere inizio.
Questo grandissimo figlio di una finissima madre Chiesa (qualunque significato ciascuno voglia dare a questa espressione) appartiene a pieno titolo al mondo di coloro che, con un termine orribile, definiscono sé stessi “moderati”, dei Casini, dei Montezemolo, dei Passera, dei Riccardi, degli Olivero, dei Bonanni, cioè dei palazzinari, degli industriali, dei banchieri, dei finanzieri, dei clericali, dei sindacalisti, degli accademici, di quelli che vengono chiamati “poteri forti”. Un mondo geneticamente conservatore e timoroso di qualunque innovazione che gli chiede di diventare il Nuovo Grande Gattopardo, di cambiare l’immagine dell’Italia, non la sua anima.
In modo insufficiente e del tutto parziale, Monti è l’unico che sia riuscito a tassare le rendite finanziarie, a imporre una patrimoniale, perché tale è l’IMU, e a far pagare un piccolo obolo alla Chiesa. Di fronte all’insistenza dei “moderati” perché “salisse” in politica, ha fatto l’unica cosa che potesse fare: ha preteso di avere le mani libere. E se è vero che Monti è un uomo d’onore, possiamo credere alla sua volontà di rinnovamento del Paese. Se poi gli stessi “moderati” vorranno concretamente seguirlo su questa strada sarà tutto da vedere.
Monti evita accuratamente di parlare di giustizia, dei diritti umani e civili, di bioetica, dei rapporti fra Stato e Chiesa. Monti dice che la prossima sarà una legislatura costituente ma le sue proposte di riforma si limitano al Titolo V e quindi all’efficienza delle istituzioni e alla riforma della legge elettorale. Troppo poco, troppa timidezza, troppo tatticismo. Il suo Governo è stato fatto cadere quando ha creduto di poter affrontare alcuni problemi essenziali, come quelli della giustizia e del conflitto di interessi e non è affatto chiaro se questa mancanza di coraggio è frutto di prudenza o se corrisponde o meno alle sue convinzioni e ai suoi veri obiettivi.
(continua)

Ennio ha detto...

Parte II
Nel manifesto di Libertà e Giustizia Zagrebelsky afferma la necessità di una nuova “stagione costituzionale”. Per lui parlare di “stagione costituente” è non solo una stanca litania ma una pericolosa avventura dalla quale fuggire come la peste perché nella Costituzione c’è già tutto quello che serve: il lavoro, i diritti civili, l’eguaglianza, l’equità, la sanità, i servizi sociali, la giustizia, l’istruzione, la cultura, i beni culturali, la natura, l’informazione, la politica e infine l’Europa. Essa ha solo bisogno di tornare al centro dell’azione dei partiti e delle forze sociali in modo da poter essere conosciuta, insegnata e divulgata e infine realizzata.
A sua volta Benigni la definisce la più bella del mondo. Certo, il progetto è bellissimo ma con altrettanta certezza carente e scarsamente funzionale. La nostra Costituzione può essere paragonata a un edificio costruito dai migliori architetti. Ma i materiali utilizzati si sono rivelati scadenti. Le maestranze non hanno lavorato a regola d’arte. Alcune strutture si sono presto lesionate. Altre sono rimaste incompiute. Nel tempo l’aspetto meraviglioso non è più riuscito a mascherare sia i difetti di progettazione, sia la fragilità del terreno su cui è stata costruita.
Né Monti, né Zagrebelsky e tantomeno Benigni possono ignorare che i suoi principi fondanti sono stati largamente inattuati e ripetutamente e sistematicamente violati, né che quando nel lontano 1947 Einaudi, Capo provvisorio dello Stato, ha proceduto alla sua promulgazione il popolo italiano, affamato, stremato dal conflitto, occupato militarmente e ancora sull’orlo di una guerra civile sapeva a malapena di cosa si stesse parlando. Non possono ignorare neppure che la nostra sovranità limitata, la Guerra fredda, il terrorismo, i segreti di Stato ci hanno impedito di sviluppare una democrazia compiuta e che i problemi che il nostro Paese si trova oggi ad affrontare sono in gran parte diretta conseguenza della negazione sostanziale dei diritti sanciti nella Costituzione.
E’ possibile oggi aggiustare questo edificio? E, soprattutto, conviene aggiustarlo oppure costruirne uno nuovo? Quasi nessuno ha il coraggio di affrontare questo argomento. Appena si parla di rivedere la prima parte della Costituzione, il terrore! Certo, c’è il rischio concreto che tolta questa pietra angolare l’intera costruzione crolli come un castello di carte. La domanda che dobbiamo porci è se vale la pena di correre questo rischio.

Ennio ha detto...

Parte III
Ci sono almeno tre buone ragioni che, più che consigliarlo, lo impongono:
1) la rottura del patto sociale in atto. Quando più del 50% degli Italiani rifiuta il proprio voto, attraverso l’astensione e le schede bianche o nulle, vuol dire che si è superato il livello di guardia della fiducia nelle istituzioni e nei propri rappresentanti. Vogliamo continuare a ignorare il fallimento della politica, lo sfacelo della giustizia, l’onnipotenza della burocrazia, tutto quello che ha sinora impedito all’Italia di diventare uno Stato di diritto? Vogliamo ancora mettere solo delle bende sul suo corpo martoriato? Una stagione costituente potrebbe essere l’unica vera strada perseguibile per salvare la nostra democrazia e farla sentire come propria al popolo italiano;
2) l’attualità di una nuova Costituzione. A più di sessanta anni da una nascita della Repubblica alla quale non hanno potuto partecipare, nessuno può negare agli Italiani il diritto di dire se oggi la ritengono in tutto o in parte superata e quali possono essere i cambiamenti. Neppure i Principi Fondamentali e il Titolo I possono essere considerati dei santuari inviolabili perché non spetta a nessuno sostituirsi alla loro volontà o limitare la loro sovranità. I politici e i costituzionalisti dovrebbero mostrare una maggiore umiltà nel farsi interpreti delle volontà e dei diritti. Nei loro timori si può cogliere il segno della costante sfiducia nella saggezza del popolo, considerato, ancora una volta come sempre, immaturo, incapace e fondamentalmente servile. Perché poi avere paura quando i suoi riferimenti, già tracciati e codificati, si chiamano Costituzione e Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea?;
3) la necessità di dotarsi di nuovi strumenti legislativi per affrontare i conflitti. Il Paese è ancora scosso dai casi Englaro e Welby ed è continuamente diviso dalle problematiche sulle unioni civili, sull’omofobia, sull’obiezione di coscienza, sul conflitto di interessi, in una parola sul significato e sulla pratica dei diritti civili e della parola LIBERTA’. I temi della bioetica e del fine vita e di quelli che la Chiesa definisce “diritti irrinunciabili” diverranno ancora più centrali e conflittuali di quanto non siano oggi ma il Paese non può permettersi di vivere in una conflittualità permanente. Non possiamo continuare, come è ormai prassi consolidata, a fare le leggi e contemporaneamente a predisporre gli strumenti che favoriscono la loro violazione e che impediscono che l’Italia diventi uno Stato di diritto. Nel ribadire la laicità dello Stato, una nuova Costituente può e deve dotare il Paese di strumenti legislativi di rango primario, referendari o meno, che rendano possibile al popolo italiano di esprimersi sui temi dell’etica e delle libertà e poi di veder rispettata da tutti la volontà democraticamente espressa.
Fantapolitica? Forse, soprattutto nell’attuale realtà politica. Lasciando da parte i tanti pagliacci e i tanti opportunisti che la storia ripropone periodicamente sulla scena del nostro Paese e i veleni che questi continuano a riversare su una nazione ormai esausta, vi è un’altissima probabilità che l’unica possibilità di formare un Governo stabile ed efficiente scaturisca dall’incontro fra PD e la Lista di Monti. Nonostante l’apparente schizzinosità di Casini, è un incontro che viene perseguito da tempo in nome della governabilità. Resta solo da vedere chi, dopo le elezioni, darà le carte e a quali condizioni.
(continua)

Ennio ha detto...

Parte IV
Monti ha pienamente ragione quando afferma che la vera sfida non sarà più fra destra e sinistra ma fra conservazione e cambiamento. Però cambiamento per lui significa rinnovamento degli strumenti legislativi e maggiore efficienza delle istituzioni per poter rilanciare l’economia. Il popolo è e resta sempre un bue pagante e senza alcuna voce in capitolo. Conservazione è la sinistra di Vendola e di Camusso che ora chiede a Bersani di ripudiare in nome della governabilità. Ma per il PD fare a meno di Vendola e della CGIL sarebbe come voler fare un buon piatto di pasta senza mettere il sale nell’acqua. Semplicemente, non è possibile.
Non potendovi rinunciare né l’uno, né l’altro, il punto di incontro non potrà che essere al ribasso. Verrà costituito un governo sicuramente più efficiente di quelli recenti e l’Italia potrà godere di un nuovo periodo di lenta crescita e di relativa tranquillità sociale. Li pagheremo però a caro prezzo perché verrà cambiata la forma del Paese, non la sua sostanza. I poteri forti manterranno inalterato il loro potere e continueranno ad ingannarci. Nessuno aprirà gli archivi o abolirà il segreto di Stato e non potremo mai conoscere gli autori di tanti delitti perpetrati in nostro nome. Verrà messa una pietra tombale sul nostro diritto alla VERITA’ e alla LIBERTA’.
Se questo scenario dovesse rivelarsi realistico meglio, molto meglio, la potenziale anarchia di un Parlamento dalla maggioranza debole. Oggi appare finalmente possibile che una nuova generazione di parlamentari possa prevalere su quella uscente, formata in prevalenza da avvocati, magistrati e politici di lungo corso. Se una generazione giovane, destrutturata, inventiva, geniale, libera, coraggiosa e fiduciosa nell’avvenire fosse capace di prendere il sopravvento sugli esponenti dei blocchi sociali, economici e ideologici che si preparano ad andare in Parlamento per la difesa dei loro interessi, forse allora la possibilità di una legislatura costituente non sarebbe una utopia e si aprirebbero nuove speranze per il nostro futuro.
Questo è ciò che chiamo VOTO DEBOLE. Se alle prossime elezioni dovesse formarsi un blocco conservatore in nome della sola governabilità, meglio, molto meglio, indirizzare le nostre preferenze verso le forze dalle idee più libere e radicali, per piccole e insignificanti che possano sembrare. Se vogliamo una Italia libera dobbiamo cercare di liberare il nostro voto dal condizionamento degli interessi e delle ideologie.
Fantapolitica pensare che il prossimo Parlamento non dovrebbe occuparsi direttamente della Costituzione sia perché frutto di una legge elettorale studiata per favorire la governabilità e quindi espressione limitata delle forze politiche e sociali del Paese, sia per non bloccare per mesi i suoi lavori che dovranno piuttosto concentrarsi sui problemi dell’occupazione e dello sviluppo?
Fantapolitica pensare a una Assemblea Costituente di 150/200 membri non parlamentari ed eletti su basi rigorosamente proporzionale e dal mandato a termine? Fantapolitica un Referendum confermativo?
Forse. Ma perché non lasciarlo decidere al Popolo italiano?
Ennio Michele Tarantola

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