sabato 12 febbraio 2005

Non fai quello che desidero? E io non partecipo.

Anche se possiamo intuirle, non conosciamo le ragioni ufficiali per le quali la Chiesa cattolica spagnola ha ordinato ai fedeli di quel paese di astenersi dal partecipare al Referendum sulla Carta Costituzionale dell’Unione Europea. La CEE, Conferenza Episcopale Espagnola, ha giustificato come legittima l’astensione, perché non si sente obbligata ad aderire a un’iniziativa che ritiene errata nel merito. Possiamo tentare di spiegare il perché di questa decisione sulla base di una semplice analisi relativa alla situazione spagnola. Siamo, tuttavia, preoccupati per un altro fatto, inerente al pericolo che la Chiesa corre nel prendere decisioni di autoesclusione dalle grandi scelte che ineriscono alla vita sociale e politica dei cittadini dell’Unione. A nostro avviso, la Chiesa cattolica non ha compreso che la nascita dell’Unione Europea a 25, comporta l’introduzione di un nuovo soggetto politico che va al di là dei singoli paesi aderenti alla nuova Europa. Ciò ci induce a credere che ci siano ragioni più profonde che hanno indotto le gerarchie cattoliche a prendere questa sciagurata decisione. Si tratta, in breve, di questo. Si può essere ragionevolmente sicuri che la mancanza nel preambolo della Costituzione di un riferimento chiaro ed esplicito alle “radici cristiane” dell’Europa sia alla base del risentimento dei vertici della Chiesa. Possiamo aggiungere che la non esclusione dalla Carta costituzionale europea di chiare norme restrittive contro l’eutanasia, l’aborto, il matrimonio tra omosessuali, la fecondazione assistita, ecc.., sia un’altra spiegazione per il mancato sostegno ai si nei confronti dell’evento storico relativo alla ratifica della Costituzione. Non mancano anche ragioni relative ai rapporti tra Stato e Chiesa in Spagna che, in questi ultimi tempi, con l’avvento a capo dell’Esecutivo spagnolo del socialista Zapatero, non sono certo idilliaci. Vere o sbagliate che possono essere queste motivazioni, non si può non trarne una conseguenza non certo positiva. Così come in Italia, anche in Spagna il motto dei vertici della Curia cattolica sembra essere quel vecchio adagio craxiano che diceva che “è meglio andare al mare che votare al referendum”. Ci dispiace ammetterlo, ma questa scelta si sta imponendo come l’unico tipo di politica che la Chiesa sia in grado di proporre oggi ai cittadini dei paesi dell’Unione e francamente ci delude. Ci ricorda la reazione puerile del bambino che, non avendo ricevuto l’assenso dai genitori di poter soddisfare un suo desiderio, reagisce scompostamente dicendo che da quel momento non si alimenterà più. Ci chiediamo se le Autorità cattoliche abbiano valutato tutti i rischi della decisione. C’è in tutto questo un desiderio di recupero dello spirito cattolico dell’Aventino che fu l’unica e infelice risposta del Vaticano all’indomani della nascita dello Stato nazionale monarchico italiano dopo i fatti di Porta Pia. Noi crediamo che la Chiesa stia commettendo un grave errore politico, perché l’arroccarsi su posizioni di intransigenza comporta come conseguenza l’autoesclusione dalla vita nazionale dei vari paesi e la diminuzione del potere di persuasione sui cittadini. Così facendo la Chiesa si ritroverà emarginata dalle grandi scelte, lasciando completo spazio alle forze radicali e rivoluzionarie di sinistra, all’associazionismo gay, ecc.. E’ questo ciò che vuole la Chiesa del dopo-Woityla? Pensiamo che l’entourage del Papa stia scivolando verso una pericolosa china autolesionista. Chi vivrà, vedrà.

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