Riconosciamo che anche quest’anno non siamo riusciti a vedere con continuità il festival della canzone italiana di Sanremo. Non ce l’abbiamo fatta a violentarci ancora una volta per vedere in tv la sagra dei vizi all’insegna della peggiore italianità televisiva. Nonostante l’aumento degli ascolti noi non siamo soddisfatti di come siano andate le cose, né nella conduzione, né nella organizzazione. Ci rendiamo conto che criticare il festival è uno degli sport preferiti dagli italiani e come la nazionale di calcio ogni italiano si sente autorizzato a pensarla diversamente dagli altri. Tuttavia, la domanda che ci poniamo da decenni è sempre la stessa: possibile che non esista una formula alternativa per organizzare e trasmettere un festival più modesto, più semplice, meno esibizionistico, che duri di meno e, soprattutto, che venga presentato con più garbo da un presentatore meno ruspante e romanesco di quello attuale? Se continua così il prossimo anno rischiamo di far presentare il festival a Claudio Amendola in una cornice da trasmissione televisiva tipo I Cesaroni, magari parlato in romanesco e con modi grossolani. Possibile che non si riesca a trovare una formula differente che permetta di diminuire i costi astronomici, ridurre il superfluo, presentare una rassegna canora più decente all’insegna della moderazione e, soprattutto, che duri due sole serate in cui si parli e si faccia ascoltare musica in maniera meno provinciale e più interessante? E’ proprio impossibile riproporre, con un presentatore più elegante e meno dialettale, un festival come quello in cui vinse Gigliola Cinquetti? Questo festival l’hanno presentato in tanti e in tutte le salse. Manca il condimento più indovinato di tutti e cioè che abbia il senso della misura. Perché non si fa una prova e lo si organizzi finalmente all’insegna della modestia, del bon ton e, soprattutto, dell’ironia? Enzo Tortora sarebbe andato molto meglio di tutti gli altri mediocri presentatori che l’hanno sbeffeggiato e provincializzato fino al punto da farlo diventare una Domenica In da salotto. Perché ci si ostina a intervistare cantanti e attori stranieri in cui il presentatore non solo non sa parlare e non sa comprendere decentemente l’inglese ma fa anche figuracce comiche nella pronuncia e nella sintassi di una lingua che non è la sua? Più in generale, possibile che non si capisca che è giunto il momento di fare una inversione a 180 gradi nella conduzione e nella organizzazione del festival? E, soprattutto, possibile che nessuno riesca a comprendere che "Sanremo è Sanremo" solo e soltanto se saprà veicolare contenuti intelligenti, di tipo valoriale, come la sobrietà, l’eleganza dei modi, la semplicità, la pubblicità a fatti e idee positive che aiutino gli italiani a comprendere che il mondo di oggi ha bisogno di più cultura e di meno gag da Bagaglino?
domenica 22 febbraio 2009
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