lunedì 9 febbraio 2009

Un confronto al massacro e la mancanza di alternative ai radicalismi.

Di fronte al confronto drammatico tra i difensori della “possibilità di scelta” e i fautori del “diritto alla vita” che sta avvolgendo oggi l’Italia noi cittadini moderati che crediamo nel confronto civile e democratico siamo attoniti per la piega che stanno prendendo gli eventi e preoccupati per l’evolvere della situazione dal punto di vista politico. Mai in passato si era giunti a tanto. I toni sono troppo accesi per avere fiducia sia al governo, sia all’opposizione. E quello che ci preoccupa di più in questa vicenda è che mancano i pompieri per spegnere e viceversa abbondano gli incendiari che attizzano. Dove sono andati a finire i Padri provinciali e i Conti Zii che spegnevano fiammiferi per evitare incendi distruttivi? Ci dispiace, ma dobbiamo dare un giudizio di immaturità politica ad entrambi i sostenitori delle due modalità di contrapposizione per non essere stati in grado di rimanere “tra le righe”, con un confronto sereno e composto.
Vogliamo rimarcare adesso due aspetti. Il primo riguarda la Chiesa cattolica e il secondo il governo. Omettiamo di intervenire sull’opposizione perché non ha avuto molta voce in capitolo. In merito al primo aspetto crediamo che la vicenda Englaro dal punto di vista della Chiesa cattolica è un caso esemplare. Siamo del parere che l’unica protagonista che non ha mai barato nella vicenda ed è stata coerente in tutti i momenti della tragica vicissitudine sia stata la Chiesa cattolica, la quale ha sempre rivendicato la sacralità della vita e la completa opposizione a qualsiasi deriva eutanasica. Da questo punto di vista crediamo che la Chiesa cattolica abbia ragione nel sostenere che esiste, se non si interviene con una legge, la possibilità di una deriva del genere. Altra cosa è la modalità scelta per conseguire l’obiettivo. Solo su questa questione si può discutere, ma fino ad un certo punto perché, com’è noto il Vaticano, con i Patti Lateranensi è uno Stato straniero che può sfruttare a suo piacimento l’ambiguità del suo doppio ruolo interno ed esterno allo Stato italiano e come tale non si può fare molto. In merito al secondo punto non ci piace per niente la sfida fatta dal Presidente del Consiglio al Presidente della Repubblica e alla Costituzione. Invece di canalizzare tutte le sue risorse e i suoi sforzi sulla crisi economica e finanziaria e lasciare al Parlamento l’interesse per una legge mirata sul caso del testamento biologico sta creando guai e gaffes a ripetizione. Ricordiamo che noi siamo del parere che in questo momento la Presidenza del Consiglio dovrebbe impegnarsi totalmente nell’individuare forme di aiuto ai drammi che stanno vivendo le centinaia di migliaia di lavoratori che stanno perdendo il posto di lavoro piuttosto che muovere corazzate e carri armati per ottenere una vittoria di principio che non modificherà nulla della vita della sfortunata ragazza. Dovrebbe essere il Parlamento a legiferare. Punto e basta. Su questo secondo punto vogliamo tuttavia insistere perché riteniamo che il nostro Presidente del Consiglio, nel bene e nel male, lo merita. Novello Pinocchio, eccolo di nuovo in azione sul terreno che più lo aggrada: la sceneggiata napoletana. Lui che è milanese prova un piacere da matti a recitare come Mario Merola riprendendo la polemica preferita che è quella contro i comunisti, contro il Presidente della Repubblica, contro l’opposizione, contro la magistratura. Tutti colpevoli di non permettergli di fare quello che desidera. Da vero Pinocchio fa i capricci. Adesso si è messo in mente di voler cambiare la Costituzione, salvo il giorno dopo, su consiglio del Cardinal Richelieu, ritrattare e dare la colpa alla stampa “comunista”. Il Presidente del Consiglio non cambierà mai. Con la scusa di “non poter non” dare la vita ad Eluana il nostro Pinocchio ha trasformato il caso di un soggetto in fin di vita in un conflitto istituzionale senza precedenti tra il Suo governo e il Presidente della Repubblica. La doppia negazione da Lui adoperata non è un caso e rappresenta un classico del suo modo di vedere le cose. Non dice: "posso e voglio". No. Dice: "non posso non volere" e “non posso non fare”. Un modo populistico di colpire l’attenzione della gente, del suo popolo al quale chiedere di intervenire se le cose si complicano. Non contento di questa dichiarazione, inusuale e fuori controllo, ha contestato il ruolo dello stesso Presidente della Repubblica, annunciando “la volontà di governare a colpi di decreti legge” senza il controllo della Presidenza che gli impedisce di fare le “cose giuste”. Naturalmente “giuste” a suo uso e consumo. E in un crescendo rossiniano ha aggiunto di essere pronto a "rivolgersi al popolo" per cambiare la Costituzione. Sono tutte affermazioni sue, fatte alle televisioni che tutti abbiamo ascoltato con le nostre orecchie, e come prevedibile, il giorno dopo, da vero Pinocchio, ha smentito attribuendo ai “faziosi” giornalisti di sinistra che il suo pensiero è stato travisato. Il suo naso, continuando così, dovrebbe raggiungere lunghezze chilometriche inusitate, stabilendo nuovi record da Guinness dei primati. In tutti questi anni non ci risulta che il nostro Pinocchio abbia fatto alcuna esternazione sul caso Englaro. In pratica, in tutti questi anni, del caso della povera giovane il nostro Pinocchio se ne è altamente infischiato. Improvvisamente, dalla mattina alla sera, ha annusato l’aria ed ha capito che era possibile in questa occasione sferrare un attacco contemporaneo su più fronti ai suoi avversari di sempre: all’opposizione, alla Presidenza della Repubblica e all’attuale Costituzione, che a suo dire gli impediscono di governare con i decreti legge. Lo scontro rischia la rottura degli equilibri costituzionali e Pinocchio questo lo sa. Minacciando plebisciti popolari vuole creare le condizioni per realizzare, ancora più in grande, il ruolo che ha sempre avuto in Mediaset: quello del padrone del vapore e della vaporiera. A nostro giudizio non gli deve essere consentito. Per il resto in questa vicenda non vincerà nessuno. Anzi. Tutti abbiamo perduto, compresi noi che da anni combattiamo la nostra battaglia solitaria, nelle forme e nei contenuti, di richiedere ai governanti più autorevolezza e onestà, alla sola condizione di esserne degni sul piano etico e morale. Ma la cosa, avrebbe detto a questo punto il grande giornalista Indro Montanelli, è molto difficile.

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