“Tutto è relativo”. No. “Esiste l’assoluto”. E viceversa. Sono celebri frasi che in breve sintetizzano il senso del “problema dei problemi” che investe la vita di tutti gli esseri umani. La questione non è per niente semplice. Anzi, è maledettamente complicata e, temiamo, presenti una soluzione che non è facile da digerire, soprattutto per chi abbraccia, in modo acritico, una delle due tesi tout court. Il filosofo Bertrand Russell ha detto che «tutti sanno che Einstein ha fatto qualcosa di importante, pochi sanno cosa egli abbia veramente fatto». Da un punto di vista abduttivo chi è ricco di idee e di pensieri forti, propositivi e giustificativi della vita che conduce nella attuale società contemporanea, non può non essere che critico verso il relativismo. La ragione è da ricercare nel fatto che molta gente pensa con categorie politico-filosofiche forti, addirittura mediante ideologie. Il relativismo prospettato da certi ambienti è lo specchio di una particolare posizione politica che, negando ogni tipo di assolutismo, favorisce una completa libertà. Per questa strada, tuttavia, si corre il rischio di perdere completamente la bussola, e di prendere delle sonore cantonate, soprattutto relativamente al problema del giudizio e della valutazione che prima o poi si deve dare alle azioni decise dall’uomo. Esagerando a sproposito il valore della libertà di opinioni, si cade in una forma di “soggettivismo morale” che dal punto di vista antropologico è una semplice illusione, mentre dal punto di vista spirituale e religioso è una contraddizione. Prendiamo per esempio la celebre frase "tutto è relativo". Com'è noto, si richiama ad Albert Einstein che con il suo profondo “messaggio” scientifico ha rappresentato nella scienza una delle due rivoluzioni della fisica moderna dei primi lustri del ‘900. Però, attenzione. Tutto è relativo non significa che Einstein fosse relativista. Tutt’altro. Il grande fisico tedesco era profondamente religioso, naturalmente alla sua maniera, personalissima, in cui i dogmi non erano la Trinità, la Resurrezione, il Ramadan o il Sabato festivo. Per Einstein i dogmi erano assiomi della sua teoria spirituale che richiamavano l’Ordine cosmico (l’Universo, non poteva essere il frutto del caso), la Pace (fu un convinto pacifista nel senso più completo del termine), la Razionalità (credeva fermamente nell’importanza dell’uso della ragione, intesa come capacità dell’uomo a risolvere problemi sia scientifici, sia sociali, sia umani), la Moderazione (celebre la sua posizione critica sugli eccessi “fondamentalisti” ed esasperati della meccanica quantistica, alla quale aderirono i sostenitori della Scuola di Copenaghen, che lo costrinse a dire la famosa frase “Dio non gioca a dadi”). Potremmo continuare. Quindi, “tutto è relativo” non va. Per molti addirittura significa solo faciloneria e scarso sforzo di immaginazione. Noi non siamo relativisti. Ci dispiace deludere qualcuno, ma non crediamo che dal relativismo possano venire fuori né i buoni propositi di Einstein, né quelli di Giovanni Paolo II, nè quelli di Gandhi o di madre Teresa di Calcutta. Papa Benedetto XVI ha detto recentemente, e noi concordiamo, che “in questo tempo si sta costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura soltanto il proprio io e le proprie voglie”. Ed è vero. Basta osservare un po’ l’andazzo delle società occidentali, consumistiche, in cui ciò che conta è apparire, in cui tutti cercano l’avere, il possesso, il piacere, la droga, il sesso, la pornografia. E questo non va, non può andare a chi è alla ricerca di cose che si elevano al di sopra dei piaceri edonistici. L’altra tesi, ovvero, il fondamentalismo, nasce dall’idea che è fondamentale che esista un primato assoluto della fede sulla ragione. A livello di principio può andare bene e ci sentiamo di approvarla. Il problema nasce quando si passa ad approfondire le domande conseguenti: quale fede? Che tipo di fede? In breve, la religione affermando la superiorità della fede sulla ragione secondo il nostro parere sottovaluta la forza del pensiero razionale, filosofico e scientifico. L’errore dell’integralismo nasce qua, dal presupposto o pregiudizio che qualunque critica al fondamentalismo sia sbagliata. Ebbene noi ci schieriamo con Galileo, che fu un convinto uomo di fede ma che seppe tenere testa al fondamentalismo cattolico del Cardinale Bellarmino. Galileo propose che la religione non poteva spiegare la scienza, né con il linguaggio che era inadeguato, né con le categorie bibliche che erano errate sul piano scientifico, mentre le uniche risposte possibili erano le idee della ragione e non quelle della fede. Parodiando il filosofo Giorello, ci preme far notare come lo spettro del fondamentalismo sia un’etichetta di comodo per stili di vita e forme di pensiero estremamente diverse e sovente incompatibili tra loro. L’ammucchiata desiderata dagli omosessuali, e cioè il “siamo tutti uguali” e quindi tutto deve essere permesso, non ci convince. Il libertinismo come categoria umana, in cui non esistono regole e ognuno può evitare qualunque vincolo religioso, morale ed etico ci sembra la peggiore delle soluzioni possibili. Noi pensiamo che queste interpretazioni estreme siano, in fondo, la conferma dell’incapacità umana a rispondere alle sfide della vita con l’unica cosa che non si deve fare, cioè con l’assenza di responsabilità, che significa cedimento dei valori, crollo della tradizione e rovina delle cose buone che l’umanità è riuscita a produrre, tra le tante sbagliate, in questi ultimi millenni. Per favore non sprechiamo il capitale di intelligenza che abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti. Dunque, ci piacciono di più le persone religiose che quelle libertine. Di costoro non abbiamo da rimpiangere nessuno.
venerdì 22 aprile 2005
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