venerdì 30 novembre 2012

Occupazione e terapie occupazionali.


Tra i dieci punti del programma del candidato alle primarie del Pd Pierluigi Bersani sono presenti delle "incongruenze" di metodo non di poco conto. Un esempio tra tutti è quello che riguarda il lavoro. Dice Bersani: «il lavoro è la priorità: creare nuovi posti di lavoro e dare dignità ai lavoratori». Chi non è d’accordo su una dichiarazione del genere? Il progetto è ottimo e l’idea di creare nuovi posti di lavoro è eccellente. La diagnosi alla malattia di un paziente però non è la terapia. Quello che conta veramente è la cura da dare al paziente per guarirlo. E qui cade l’asino. Bersani sa che il vero problema è la terapia. Dire la terapia è scoprire le carte. Significa dire come creerà concretamente i nuovi posti di lavoro. Significa proporre un modello occupazionale che soddisfi le idee di un politico di sinistra. Dovrebbe dire con quali soldi. Dovrebbe specificare il capitolo di spesa da dove andrebbe a prendere i denari da investire per creare più occupazione. Dovrebbe chiarire che tipo di posti di lavoro creerebbe. A quali lavoratori si riferisce il candidato premier alle primarie? Solo a quelli dell’art. 18 che perderebbero il posto? O anche ai giovani e ai disoccupati che non hanno mai avuto protezione da accordi sindacali? Questo modo di procedere è scorretto. Bersani si presenta come uno zio paterno, illusorio, ingannevole, che ha ricette nascoste. In verità non lo vuole dire, ma aggiunge sottovoce: “non disturbate il conducente”.

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