domenica 13 aprile 2008

Giornalismo d’impegno e furbizia islamica.

Il giornalista Magdi Cristiano Allam, convertitosi recentemente al cattolicesimo ed esperto di problemi mediorientali, è stato citato ripetutamente in Tribunale da un’associazione di musulmani d’Italia, l’UCOII, per risarcimento danni per avere pubblicato articoli definiti diffamatori. Questo il fatto e passiamo alle opinioni.
Di per sé una notizia del genere non dovrebbe interessare nessuno. Quella di citare in giudizio un giornalista per articoli sgraditi è una prassi consueta. Ma qui le cose stanno diversamente perché non si tratta di una questione privata tra il giornalista e l’associazione musulmana. No. Qui la questione è pubblica perché interessa i principi costituzionali italiani e rischia di creare un precedente pericoloso per la libertà di pensiero e di stampa. Allo scomodo osservatore cattolico anti-islamista, il suo avversario, l’UCOII (ovvero Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia, una associazione di musulmani ostinati che non si vogliono piegare alle richieste di adeguamento delle loro attività religiose alle leggi italiane), gli ha dichiarato una inedita guerra, più pericolosa perché più subdola di quelle tradizionali, che intimidisce e mette a disagio. Si tratta della “Guerra Santa islamica tramite i tribunali”. In inglese suona pressappoco come “Jihad by Court”. Di che si tratta? In poche parole, gli estremisti islamici dell’UCOII, visto che in Italia fino ad ora non sono riusciti a nascondere l’attività di formazione e indottrinamento religioso di tipo fondamentalista che Allam sistematicamente denuncia, hanno ripiegato sulla meno eclatante, ma sempre efficace, guerra di logoramento. Hanno individuato in Allam il soggetto più pericoloso per la loro causa e lo hanno sommerso di citazioni strumentali in Tribunale. Una, dieci, cento denunce, tutte con la stessa accusa: richiesta di risarcimento danni e processi penali e civili per costringere Allam a “distrarsi” dalla sua attività giornalistica di critica ai violenti e ai fanatici del fondamentalismo islamico per concentrarsi, con enormi perdite di tempo e di energie, sulla sua difesa nelle decine di cause in tribunale. Noi che conosciamo la psicologia e la cultura dei gruppi più esaltati degli abitanti della sponda est del mediterraneo non ci sorprendiamo più di tanto di questa iniziativa. Conosciamo l’intelligenza delle menti di origine araba, spesso trasformata, per la causa pro-islamica, in furbizia e doppiezza. Ci dispiace che l’azione di fanatismo dell’UCOII produca confusione tra la ricchezza della cultura, della storia e della straordinaria tradizione araba e la bassezza d’animo dell’oltranzismo musulmano. Quello che indigna di più in tutta questa squallida vicenda è l’astuta scelta di inondare di processi i Tribunali italiani contro Allam, di per se ingolfati da un arretrato mai smaltito, per bloccare l’attività giornalistica di informazione del bravo anche se polemico giornalista. Sull’UCOII ci sentiamo di dire quanto segue. A nostro parere questa associazione ha fallito miseramente il suo progetto politico di scardinamento della società italiana. Il suo insuccesso è palese. Avrebbe voluto imporre la sua ingombrante presenza nella politica estera italiana. Non c’è riuscita. Ma proprio per questo si impone una riflessione che abbia come destinatario la vergognosa scelta di mancata adesione dell’UCOII al protocollo di intesa tra Religione musulmana e Stato italiano. A questa associazione bisogna rendere la vita difficile e incalzarla inesorabilmente sul terreno dell’accettazione delle regole italiane. Cosa possiamo fare noi modesti cittadini per aiutare il bravo giornalista in questa battaglia di libertà dalla violenza e dalla prevaricazione? Una sola cosa: insistere in tutte le sedi, politiche e sociali, nella richiesta di costringere questa associazione ad accettare totalmente le leggi dello Stato italiano. E senza fare i furbi.

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