lunedì 5 marzo 2012

Roma e i romani: una sfida impari.

Roma e la sua classe dirigente. Si può parlare bene della città e male di una parte degli indigeni? In realtà quando si parla di Roma è rarissimo che si parli di virtù ed è frequente che si parli di immoralità e corruzione. Un motivo ci deve essere altrimenti perché si insiste per mettere in evidenza i difetti piuttosto che i pregi? Noi pensiamo che Roma sia amata da tutti, italiani e stranieri, perché tutti la identificano come la città del cuore, la città amata perché bella, simpatica, ricca di pregi di tutti i tipi. Roma come il prototipo dell’immaginario più bello. Ma allora perché si parla male dopo che la si è visitata? La risposta è una sola: perché la città è governata nel migliore dei casi da una massa di mediocri, nel peggiore dei casi da malfattori. Senza scomodare le “pagine gialle” basta leggere per alcuni giorni la cronaca romana e si ha subito la risposta. Dal Sindaco all’ultimo Usciere, dal Capo dei Vigili urbani all’ultimo Vigile, dai Presidenti delle municipalizzate all’ultimo Impiegato, e così via, si può essere certi che costoro non assumeranno mai nei confronti di un comune cittadino non raccomandato quei comportamenti di gentilezza, di disponibilità e di collaborazione che una società civile offre come minimo indispensabile a chi vi vive. Le eccezioni esistono sempre ma questa gente svolge malissimo il suo ruolo, è interessata quasi esclusivamente al lauto stipendio, è sempre latitante quando si tratta di discutere le critiche che vengono mosse loro con dati e prove inoppugnabili e, non ultimo, non hanno lo spirito del lavoro come missione. Aggiungiamo poi che il romano doc è un opportunista, cinico e incapace di discutere senza pregiudizi e criticamente, e avremo la conferma di quanto detto prima. Peccato che a causa di pochi si rovinano i molti. A noi dispiace che una certa frazione dell’intera cittadinanza distrugga il buon nome della città. Ma la colpa non è dell’agnello che si fa mangiare dal lupo. Semmai è il contrario.

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