Deriva della società italiana.
La società italiana sta andando in frantumi, ovvero in pezzi. Si sta disfacendo. Sembra franare sotto il peso e l’incalzare del tempo presente, che trasforma in modo ostile i rapporti tra il cittadino e i suoi simili e tra il cittadino e la società, secondo una deriva in cui il pessimismo, lo scoraggiamento e la sfiducia la fanno da padrone. Ormai, non esistono più riferimenti certi, non ci sono più, come una volta, coordinate universali, sistemi di valori generali che aiutavano la gente a trovare la strada giusta nella vita e nel lavoro. Neanche la religione cattolica sembra in grado di soccorrere il paese a deviare dalla linea perversa e pericolosa che in questi ultimi due decenni la società italiana ha intrapreso con dissennato proposito. La gente non accetta più i valori comuni consolidati nel tempo, che fanno di un popolo il cemento per il cammino di speranza della vita di quella società. La gente non si riconosce più negli abituali e tradizionali riferimenti morali ed etici e, giorno dopo giorno, viene meno il collante che creava le tradizioni forti e sicure della società di un tempo. Siamo in presenza di un relativismo deleterio e pernicioso, in grado di annichilire e deprimere chiunque. Ciascuno, a questo punto, ha imparato a ritagliarsi un suo sistema di “valori”, modificato nel tempo a proprio uso e piacimento, in modo strumentale, del tipo “usalo, gettalo e cambialo a tuo piacere” e ne fa largo uso. In questa prospettiva, la politica è la grande ammalata. Leggi morali che vengono sistematicamente trasgredite. Atteggiamenti etici che sembrano idee obsolete di altri tempi. Principi conformi alla tradizionale ricerca del bene che sembrano vergogne da evitare. Scelte di moderazione e di equilibrio nei rapporti sociali e politici con gli altri che sembrano una malattia nociva da tenere lontano, come la peste. Valori come la correttezza, l’onestà, la bontà, l’intransigenza verso le raccomandazioni, l’altruismo, il senso morale, la moderazione appaiono, in modo disarmante, come retaggi di tradizioni vecchie e superate da non prendere più sul serio perché passate di moda. E’ il principio della fine. Appare chiaro che se le cose sono così, è indispensabile procedere a una rigorosa risintonizzazione delle principali strutture fondanti della società italiana, onde evitare di distruggere completamente il tessuto sociale e umano dell’intera collettività. Non è più rinviabile una riforma, ancor prima etica e poi politica, che sia riappropriazione di valori trasversali a tutti i riferimenti sociali e politici della società. E’ necessaria una inversione di tendenza che deve iniziare da più fronti, i più scoperti e i più strategici dei quali sono a nostro parere la scuola, la televisione e la giustizia. Si tratta di vere e proprie emergenze che necessitano di politiche di emergenza. Se non si capisce questo, non si capiscono per niente quali sono i mali strutturali della società italiana e si è destinati alla sconfitta. Molto brevemente, si tratta di tracciare una via privilegiata per riprendere la bussola della navigazione giusta della società. Non siamo ingenui fino al punto di affermare che noi abbiamo la soluzione a tutti i mali di questa società. Certamente la situazione è complessa e di difficile spiegazione. Indubbiamente, esistono pluralità di ricette che possono essere sperimentate. Tuttavia, non è onesto criticare sempre e non proporre mai. Dunque, di seguito, viene formulato un piccolo contributo che ha come scopo la logica della rinascita. Ecco come la vediamo noi.
La scuola. Si dovrebbero obbligare le scuole a introdurre nei loro curricoli elementi fondanti di studio dell’etica e della morale. La Storia della Filosofia lo prevede, ma spesso questo studio è disatteso e, comunque, sottovalutato dai docenti e dalle scuole. Studiare un tema non significa imporre quel tema. Significa permettere di conoscere. Significa poter pensare intorno a quel tema con cognizione di causa, con competenza. In conclusione, significa poter decidere, cioè avere la capacità di prendere decisioni razionali, consapevoli. Una maniera concreta di facilitare il conseguimento di questo importante obiettivo educativo potrebbe essere far assistere i giovani a proiezioni di film in cui il tema in essere è il sistema dei valori e la loro importanza nella società italiana ed europea degli anni ’50 e ’60. I giovani non conoscono i film della cinematografia di quegli anni. Sono film che hanno prodotto in noi, giovani in quegli anni e adulti successivamente, una robusta iniezione di fiducia, di sano idealismo, di rifiuto della corruzione, della immoralità e della disonestà attraverso una presa di coscienza dei valori che spesso hanno costituito le scelte di vita dei protagonisti positivi di quei film. Gli studenti, al termine delle proiezioni, dovrebbero dibattere i temi affrontati, effettuare collegamenti con il corso di Fisolofia, e fare ricerche mirate sul campo valoriale, da pubblicare successivamente sul sito web della scuola per far rimanere traccia della qualità del lavoro svolto.
La televisione. Qui la prima cosa da fare è l’eliminazione del sistema auditel e fornire sgravi fiscali alle televisioni, siano esse di stato o private, nel caso in cui si impegnassero in prima serata a trasmettere film e dibattiti intelligenti. Insomma, dovrebbe realizzarsi una politica di penalizzazione, con disincentivi finanziari, della cosiddetta “televisione spazzatura”. Di questa televisione non ne possiamo più. Vogliamo una televisione intelligente, che miri a valorizzare la dimensione etica della vita e non la ricerca edonistica del piacere e dell’esteriorità fine a se stessa. Un esempio concreto potrebbe essere il modo in cui fa televisione la TV della Svizzera Italiana. Un eccellente esempio di buona televisione.
La giustizia. Qui il problema è diverso e molto più facile, se si vuole. Bisognerebbe ripristinare la serietà delle sentenze. Obbligare i giudici a emanare le sentenze in un tempo ragionevole e prescrittivo, onde evitare l’uso del metodo delle prescrizioni e dare certezza della pena. Se si vuole si può fare. Basterebbe un po’ di buona volontà. Ma c’è? Ci sarà mai? Dubito.
venerdì 7 gennaio 2005
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