martedì 27 gennaio 2009

Lentezza e velocità nel bere una tazzina di caffè a Roma.

Ripeto in questo post un commento che ho scritto nel blog donneconlavaligia in internet. Si tratta di un evento antipatico e poco piacevole che mi è accaduto in un bar di Roma. Lo riporto per ragioni legate alla pessima vivibilità che la capitale offre ai suoi abitanti e penso che un simile accadimento debba essere portato all’attenzione di chi segue questo blog non foss'altro per ricordargli che, purtroppo, questa città non è nè Parigi, nè Vienna. E’ domenica pomeriggio. Passeggio piacevolmente in compagnia in una strada consolare importante di Roma. Ad un certo punto entriamo in un bar rinomato della zona per bere un caffè. Non ci crederete: non c'era alcun tavolo e neanche delle sedie a sufficienza sulle quali sedersi. In quel momento mi ricordo di avere letto in internet nel sito di donnaconlavaligia un post sul piacere di "sedersi" in un caffè e gustare una consumazione trascorrendo un po' di tempo a leggere un buon libro. Non dico nulla agli altri dei miei pensieri e chiedo al banco dei pasticcini e alcune tazzine di caffè. Mi sento rispondere che devo fare prima lo scontrino alla cassa. Altro che locale fine dove ci si siede piacevolmente, si consuma conversando e poi, con garbo, si paga. Qui non hanno fiducia neanche in un cliente che desidera sorseggiare una semplice tazzina di caffè, mi dico. Bene. Anzi male. Pago e, in piedi con gli altri osservo l’ambiente. Arrivano i caffè. Io bevo quasi subito il mio, mentre uno dei miei interlocutori mangia lentamente un dolcino. Nel frattempo, per parlare con me, si distrae un po'. Quando si gira verso il banco per bere l’espresso .... la tazzina non c'è più. Sparita. Volatilizzata. Stupiti, ci chiediamo dove sia mai andata a finire. Io imbarazzato interpello il barista, il quale apparentemente meravigliato mi dice che lui non si è accorto di nulla. Sbalordito dagli eventi e conoscendo gli indigeni avanzo un’ipotesi: probabilmente il cameriere, per la fretta, ha tolto dal banco le tazzine dei miei amici mettendole nel mucchio, tra quelle sporche. Dopo una serie di domande sgradite al barista, comprendo come si sono svolti i fatti. In breve, l’addetto al banco abituato a un modello di cliente veloce e sempre in movimento, che va di fretta, non si è reso conto della lentezza dei miei amici ed ha equivocato l'apparente distacco dalla tazzina come piacere “già gustato”. Aveva scambiato i miei amici per “Flash Gordon” che è sicuramente il tipo di cliente da lui preferito. Milan Kundera nel suo libro La lentezza mette in evidenza il legame tra lentezza e memoria, tra velocità ed oblio. Ricordandolo mi convinco che fra i miei amici e il barista, secondo Kundera, avrebbero dovuto vincere i miei amici ma, alla fine, stravince il barman. Perché? Semplice. Secondo la matematica esistenziale di Kundera “il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio”. Dunque, avendo i miei amici gustato lentamente il pasticcino, è minima l’intensità dell’oblio o, con altre parole, è massima l’intensità del ricordo del piacere provato nel mangiare il pasticcino e bere il caffè. Tutto questo, naturalmente, se la tazzina dello squisito nettare nero fosse stata disponibile al banco del bar, non quando sparisce. Morale della favola: a Roma è molto difficile gustare, in un luogo distinto e rilassante, una buona tazzina di caffè, non solo perché è raro trovare un locale che soddisfi i requisiti minimi di eleganza e di comodità, ma anche per la “velocità” della vita romana.

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