lunedì 10 maggio 2004

Una campagna elettorale all’insegna della parzialità e del settarismo

Siamo in campagna elettorale per le elezioni europee del 12 e 13 Giugno 2004. Dopo l’allargamento dell’Unione, da 15 a 25 Paesi, le elezioni del Parlamento europeo acquistano maggiore significato e importanza alla luce del futuro politico dell’Unione. Viviamo in un periodo di elezioni, cioè di bombardamento di messaggi elettorali, di comunicazione politica, di campagna pubblicitaria orientata a convincere, che altera la normalità della vita del cittadino. Se poi si ha anche un familiare ricoverato in ospedale le difficoltà di raccapezzarsi nell’universo della vita sociale e politica del paese aumentano. Camminando in città si possono vedere gli effetti della vistosa e rumorosa campagna mediatica perché le vie e le piazze sono piene di spazi pubblicitari dei candidati contenenti frasi ad effetto, slogan, promesse, impegni. Dico subito che tutta la pubblicità elettorale presente in questi giorni sulla stampa è ingannevole, perché disattende ciò che il cittadino si aspetta da una corretta campagna di informazione. Vediamo di che si tratta.
Su tabelloni, eccessivi nelle dimensioni ed esibizionistici nelle loro presentazioni, si parla di tutto tranne che dei programmi che il partito tal dei tali si propone di sviluppare nel futuro Parlamento europeo. Sembrerebbe che le elezioni europee non siano per niente differenti da quelle locali, siano esse regionali, provinciali o comunali. In entrambe si parla per slogan, di tutto e di più. Ma del programma di quel candidato non si parla di quale Europa si vuole realizzare, che tipo di Europa si intende proporre, quale modello di Unione si intende sostenere. Anzi. Si fa di tutto per nasconderlo con slogan che dicono tutto e il contrario di tutto. I partiti del centro-destra pubblicano quintali di notizie in cui il dibattito elettorale riguarda da una parte la cosiddetta Europa delle Nazioni, cioè un’idea di Europa limitata, superata e che fa puzza di vecchio; dall’altra si riferisce alla visione berlusconiana dell’Europa, cioè a una marmellata di paesi in cui dovrebbero convivere l’Inghilterra di Blair con la Turchia di Erdogan, i diffidenti svedesi con i popoli dell’ex URSS di Putin. Una confusione tremenda. Ma si sa che per il Presidente del Consiglio italiano l’Europa è una vetrina di immagine, di apparenza (ricordate lo scherzo con le corna in una foto dei leader europei?) per mettersi in mostra. Per il resto demagogia vecchia e in disuso. Non vi è molta differenza anche dall’altra parte, a sinistra. Rifondaroli comunisti, nuovi comunisti italiani, verdi e new global annaspano in un’altra marmellata, questa volta di color rosso ma anch’essa stantia che puzza di vecchio, di ideologico, con i soliti no al capitalismo e cose del genere. La musica non cambia anche con il triciclo, perché a tutt’oggi, non si è capito bene in cosa consista il modello di Europa che questo raggruppamento più moderato intende promuovere. Per fortuna che a rappresentare questo schieramento c’è un signore che di Europa se ne intende. Ha fatto il Presidente della Commissione per un mandato e, dunque, può parlare agli altri con voce competente. Speriamo che basti. Penso che tra tutte le marmellate di politica europea che si propongono in questo periodo questa del Partito di Prodi sia la meno rancida.

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