«Produciamo valore. Rivogliamo la vita. Vendetta per i precari». Questo il graffito che abbiamo letto su un vecchio e scrostato muro di Roma. Ci ha colpito la profondità del messaggio e la scelta delle parole. All'autore non deve essere stato piacevole scriverlo. Lo avrà fatto probabilmente in un momento di rabbia ma anche di grande consapevolezza dei suoi diritti e di se stesso. Essere precario deve essere una condizione di vita letteralmente devastante. Finiamola con la retorica. Non si può più rimanere semplici spettatori indifferenti alle altrui disgrazie. Al di là delle richieste sindacali, quasi sempre sterili e inutili di eliminare la precarietà nel lavoro, non è umanamente possibile non riconoscere al lavoratore precario il diritto di avere un posto di lavoro che dia certezze per il futuro. Il potere politico, di sinistra e di destra, ha una gravissima responsabilità nell'avere prodotto una situazione del genere che è immorale e insostenibile. E’ impellente pertanto intervenire subito, in maniera energica e senza mezze misure. Due sono le possibili risposte della politica. O si diventa tutti precari (ma proprio tutti, compresi noi) o si creano degli ammortizzatori sociali obbligatori a carico della collettività in grado di assicurare al precario la certezza del salario e la sicurezza del suo futuro. In entrambi i casi deve essere chiaro che a pagare non possono non essere che coloro che hanno la ricchezza. Va da sè che per pareggiare l'aumento di spesa, rimane inteso che i fannulloni devono essere licenziati. I francesi hanno insegnato al mondo il senso della Rivoluzione francese con tre parole famose: Liberté, Égalité, Fraternité. Noi avremmo aggiunto anche Solidarité e ci sentiamo di suggerire tre idee prelevate da quel muro e opportunamente riadattate: Produrre valore. Ridare la vita. Aiutare i precari. Non esiste una scorciatoia. Non esiste un'altra soluzione. Lo impone la nostra coscienza.
martedì 11 marzo 2008
Aumenti di produttività e uguaglianza nel lavoro.
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