lunedì 11 febbraio 2008

La dichiarazione di indipendenza del Kossovo e le radici di una nazione.


Diciamo la verità, come stanno veramente le cose nel Kosovo? Noi, in mezzo alla confusione dell’informazione che su questo tema in Italia abbonda, abbiamo percepito chiaramente qual'è la situazione. O almeno crediamo tale. In particolare, abbiamo compreso che ci sono da una parte le ragione degli uni e dall’altra i torti degli altri in grado di rendere complicata l’interpretazione politica del fatto indipendentista. In mezzo i due contendenti: la Serbia e i secessionisti del Kosovo, che è una parte di questo paese che desidera andarsene per conto proprio. Insomma, fa bene il Kosovo con i suoi leader filo-albanesi a dichiarare l’indipendenza dalla Serbia? E la Serbia deve assecondare la richiesta dei guerriglieri kosovari? I giornali, a questo proposito, sono pieni di inesattezze, di lacune e di notizie superficiali poco chiare. Le televisioni, per privilegiare l’immagine ai danni del testo, fanno vedere filmati inutili e spesso fuorvianti. Insomma, sembra che ci sia una colossale perdita di chiarezza e di comprensione storica e politica nel trattare l’affaire Kosovo. Tuttavia, la decisione più incomprensibile sembra essere quella che riguarda i quattro maggiori paese dell’UE, cioè Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia che dichiarano di accettare l’indipendenza del Kosovo qualora i dirigenti di questa parte della Serbia la comunichino al mondo con una dichiarazione ufficiale. Questa data slitta di settimana in settimana. Questi sono i fatti ai quali ci atterremo per la nostra disamina. E passiamo alle opinioni.
Un’analisi seria della questione è stata presentata da intellettuali e storici di tutti i paesi europei. Stranamente la grande stampa e i media italiani l’hanno ignorata. Il punto di partenza corretto deve essere quello di mettere in evidenza il legame esistente tra il Kossovo e le identità intolleranti di questo pezzo di Serbia che aspira all’autodeterminazione. Il punto essenziale della questione è quello che non è politicamente corretto dover accettare automaticamente l’equazione che basti un gruppetto di guerriglieri di un movimento indipendentista, nel nostro caso il leader Thaci del movimento indipendentista filoalbanese Uck, che inventandosi una bandiera riesca a spacciare una richiesta di indipendenza come qualcosa di innegabile e incontrovertibile per costituire un novo Stato. Perchè se questa è la logica allora stiamo attenti perché chiunque traesse fuori delle giustificazioni parziali e inattendibili sul piano storico avrebbe dalla sua la bella prassi kosovara bell’è pronta della ineludibilità indipendentista per tentare il colpaccio della frammentazione degli Stati moderni. Un qualunque gruppo etnico potrebbe, in questo modo e con questa scorciatoia, pretendere di distaccarsi dalla madrepatria e diventare il duecentosettesimo Stato delle Nazioni Unite. E poi ci sarebbe il duecentoottesimo Stato, il duecentonovesimo, ecc… Alcuni esempi? I Siciliani, i Sardi, i Padani, gli Altoatesini e i Valdostani in Italia; i Baschi e i Catalani in Spagna; i Valloni in Belgio; gli Scozzesi nel Regno Unito, e non ci sogniamo neanche parzialmente di elencare le decine e centinaia di comunità più o meno tribali che esistono in Africa e nei vicini Urali che aspirano all’indipendenza. E’ questo quello che si vuole? No. Proprio non ci siamo. In tutta questa confusione emerge poi come eminenza grigia il ministro degli Esteri italiano, quel Massimo D’Alema che non ci piace per niente con le sue manie morotee di voler mediare tra “il diavolo e l’acqua santa” come soleva fare l’ex Presidente democristiano Aldo Moro con la sua politica delle “convergenze parallele” per imporre scelte più o meno interessate. Noi siamo fortemente contrari al riconoscimento della dichiarazione di indipendenza del Kosovo. In questa folle corsa all’amicizia per gli indipendentisti si dichiarano da tempo a favore di questa tesi i soliti statunitensi che di errori politici in questi ultimi anni con l’amministrazione Bush ne hanno fatto a bizzeffe e si lasci mediare l’Unione Europea nel bene e nel male. A noi sembra che una politica efficace e intelligente di perseguimento di finalità corrette nel problema kosovaro sia che il Kosovo rimanga serbo ma abbia una forte autonomia, come ce l’ha il nostro AltoAdige in Italia. Il Ministro degli esteri D’Alema ricordiamolo, attuale ministro di un governo dimissionario, ascolti su questa questione anche il centro-destra, che la pensa diversamente. E soprattutto si tengano presenti due domande importanti le cui risposte potrebbero essere portatori di disvalori e di pericolosi risentimenti se questo progetto scissionista andasse in porto.
Primo. In un micro-stato, come il Kossovo, che nascesse per febbre identitaria e nazionalista le minoranze serbe al loro interno sarebbero o meno esposte a pesanti oppressioni da parte degli ex guerriglieri? Il Sig. Massimo D’Alema, pugliese di nascita e meridionale di estrazione, vivrebbe meglio o peggio in una padania nazionalista, nuovo Stato, di quanto non adesso?
Secondo. L’idea di nazione deve essere la conseguenza di un ereditario e causale retaggio di sangue o piuttosto essere frutto di un dato culturale che si fondi su un sentimento di appartenenza libero e sentito dal profondo della personalità di ogni cittadino che vi vuole appartenere? In altre parole, è la razza che determina uno Stato, in modo immutabile, oppure è una sentita e fraterna identità armoniosamente inserita nel tessuto valoriale della fratellanza, uguaglianza e solidarietà di matrice francese? Al lettore la risposta. Noi l’abbiamo già data.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cara Jessica,
ho letto il commento inquietante al link che mi hai inviato. Sono d'accordo con te. Quando si è bravi giornalisti dalla penna possono uscire scritti interessanti anche se di difficile valutazione. Il sito presenta articoli che trattano le vicende politiche e di attualità con un taglio personale e fuori dal coro. Interessante e da approfondire.

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