lunedì 7 gennaio 2008

L'universalità della Chiesa e i preti di colore.


Non se ne può più fare a meno. I preti di colore, africani in primo luogo, asiatici a seguire, sono ormai diventati una realtà nelle nostre chiese. La Chiesa Cattolica Romana è l'unica Chiesa autenticamente universale al mondo che li utilizza in modo istituzionale e a larghe mani. Nelle chiese italiane ormai la Domenica è rallegrata dalla loro presenza in forze sempre più consistenti. Il pienone delle vocazioni dei preti autoctoni è ormai un lontano ricordo di quando la Chiesa cattolica era praticamente una chiesa nazionale, italianissima, bianca, autosufficiente, chiusa in se stessa. Con il Concilio Vaticano II è iniziata una nuova era, l'era della universalità del prete cattolico. Uno sguardo statistico appena accennato ci informa che i primi ad essere più presenti nelle parrocchie sono i preti africani, seguiti da quelli indiani e dai sudamericani. In ogni caso, sta per finire l'era del prete italiano, regionale, con i suoi versi dialettali e la sua pronuncia provinciale, il prete che veniva catalogato dai fedeli in base alle sue origini regionali, del nord, del centro o del meridione. Accenti caratteristici, veneti, siciliani, lombardi, calabresi, toscani, laziali sulla bocca dei preti di prima nomina erano le piccole novità delle comunità cattoliche parrocchiali, e costituivano per alcuni fedeli più di un motivo di orgoglio nel poter annoverare tra i religiosi della propria parrocchia coloro i quali venivano da regioni lontane. Ormai nelle chiese italiane il prete cattolico di colore è una realtà vera, concreta, spesso allegra, piena di estroversione, di sorrisi, meno accigliata di quella indigena. I preti africani sono numericamente in maggioranza e stravincono su tutte le altre etnie. Sono presenti ovunque, nelle chiese piccole come in quelle grandi, nelle chiese del centro delle città come in quelle di periferia, nelle chiese ricche come in quelle povere. Si presentano in modo semplice, immediato. Sono comunicativi, disponibili e pieni di calore. Non hanno complessi. Non mostrano preferenze. Non parlano di politica italiana e non sono sostenitori dell'onorevole cattolico di turno. Almeno, questo è quello che sembra. Animano i centri giovanili, si impegnano ad aiutare tutti. Insomma, uno straordinario spirito ecumenico e una forte garanzia di partecipazione. Cosa si vuole di più? Eppure .... In questi casi c'è il rovescio della medaglia. Qualcosa nei rapporti parrocchiali introduce un leggero imbarazzo, una forma impalpabile di titubanza nell'accettare pienamente il prete di colore, confessore o meno. La riserva mentale non è perplessità verso una figura che è considerata straniera, fuori luogo. No. La riserva mentale è quasi sempre psicologica, dovuta alla novità, alla caduta delle certezze relazionali. Non esistono in questi casi conoscenze reciproche, basate su ancestrali rapporti di conoscenza personale che si sono tramandate da sempre di padre in figlio. Ormai siamo in piena era di globalizzazione. Il Papa ha dato una connotazione negativa a questa era. L'ha definita avida di risorse materiali da togliere agli altri producendo guerre basate sullo sfruttamento del pianeta. Così, globalizzazione e redistribuzione planetaria di preti del mondo si intrecciano in una relazione inestricabile che introduce nuove abitudini, nuovi stili di vita. Qualcosa nel nuovo rapporto fedele-prete sembra, pertanto, fuori posto, nuovo, un po' differente, non più lo stesso. In futuro vedremo come evolverà la situazione. C'è tuttavia da dire che le gerarchie cattoliche hanno probabilmente sottovalutato l'impatto psicologico del prete di colore nelle nostre parrocchie e questo effetto non è facilmente evidenziabile perchè ritenuto dai fedeli fuori luogo, da tenere nascosto. Ma a nostro parere esiste, anche se ben camuffato. Si tratta di segni risolvibili con l'abitudine, ma pur sempre segni che introducono un po' di inquietudine. "Ah, com'era bello quando l'Arciprete era il nipote di Monsignor Vattelapesca! Erano altri tempi, quelli." Erano altri tempi, è vero. Ma anche la Chiesa era un'altra, o no?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Spero che queste poche righe di commento non appaiano superficiali!
In verità, anche alla luce di una bellissima recente confessione con un prete di colore brasiliano, voglio dire semplicemente che nella questione vedo soprattutto una grande opportunità di arricchimento spirituale reciproco: per loro, nuovi pastori, e per noi, vecchie pecore! Franco

Support independent publishing: buy this book on Lulu.