sabato 11 ottobre 2008

Piccoli furbetti del quartierino scoperti nel “podere della libertà” di Silvio Berlusconi .

Stavano per riuscirci. Addirittura hanno messo in forse la poltrona del più forte uomo nel partito, dopo il Capo. La poltrona di Giulio Tremonti, il potente Ministro del Tesoro e delle Finanze ha traballato e di brutto. Il Ministro stava per dimettersi per colpa di un paio di furbacchioni. Due facce da antipatici. Proprio così: da antipatici. Confessiamo che questa è stata la prima impressione che abbiamo provato nel conoscere nomi e volti della coppietta di parlamentari del Pdl che hanno nascosto tra le pieghe dei commi di un articolo relativo al decreto “salva Alitalia” la possibilità per alcuni grand commis di farla franca da accuse pesanti avanzate dalla magistratura nei loro confronti. Tanto per non rimanere nel vago, l'iniziativa truffaldina è stata scoperta dall'inchiesta del programma televisivo di RaiTre Report dell'eccellente giornalista Milena Gabanelli. La norma avrebbe dovuto favorire Sergio Cragnotti, Cesare Geronzi e Callisto Tanzi coinvolti nei crac Cirio e Parmalat. In verità, non è vero che abbiamo provato antipatia. No. In realtà, abbiamo provato molto più che antipatia. Forse solo una parolaccia potrebbe esprimere bene ciò che abbiamo provato nell'avere appreso la notizia del tentativo, quasi riuscito, dell’immorale regalo che si è tentato di fare agli amici importanti. Pensate che intere Commissioni parlamentari e organi tecnici al completo del Senato, profumatamente pagate con stipendi d'oro, non se ne erano neanche accorti. Sarà vero? In ogni caso è una faccenda che non può passare inosservata come purtroppo si sta verificando. Chi ha scritto quell'articolo sapeva benissimo cosa stava facendo. Non si può scrivere un periodo senza che le idee siano coordinatrici di significato. Magari lo si è scritto male, come hanno fatto i due, ma non è possibile fare i finti tonti. Lo impongono da una parte la grammatica e la sintassi e dall'altra l'intelligenza. Ed eccole qui le facce dei due Signori in esame. Perché di esame si tratta. Esame di condotta etica ed esame del livello di sfrontatezza posseduto dai due. Che ne dite? Rotondetti, con capello stirato e cotonato, con il viso paffuto e la pappagorgia tipicamente meridionale, ecco le due simpatiche facce da proporre per un gioco ormai passato di moda: lo schiaffo del soldato! Difficile pensare che abbiano fatto tutto da soli. Quando mai si sono visti due peones, dal curriculum penoso per la prestigiosa carica di Senatore, che tentano una sortita importante e delicata del genere non indirizzati da qualcun altro, magari da un azzeccagarbugli. Loro, con la cultura giuridica da molti chiamata scienza, non hanno niente a che fare, non per niente sono un ingegnere e un diplomato dai curricoli disarmanti. Tuttavia, non è la ricerca del nome del mandante che ci interessa in questo nostro post. Lasciamo ai giornalisti trovare i nomi e i perché. A noi interessano i risvolti morali della questione. A noi interessa mettere in evidenza che c'è stato un gravissimo tentativo ai danni dell'Etica e della Morale di degradarle da valori fondanti a immoralità. A noi basta solo questo per dover intervenire nel denunziare questa ennesima conferma che molti nostri connazionali delinquono in proporzioni bibliche, soprattutto in politica. Noi non conosciamo chi siano i due oscuri parlamentari non eletti in nessun collegio, da nessun cittadino. Certamente, leggendo in internet i loro curriculum penosi abbiamo ricevuto conferma della validità della nostra tesi, e cioè che Berlusconi i suoi scudieri, con la norma contenuta nella sua riforma elettorale che ha eliminato la preferenza, se li sceglie bene. Perbacco se non se li sceglie bene! Il marcio, dunque, c'è e si vede e riesce ad essere efficace proprio con il contributo determinante dell'eliminazione della preferenza. Il responsabile è sempre Lui, il Lider Maximo, ovvero il populista proprietario di Mediaset di cui noi, col suo colossale conflitto di interesse, sentiamo che dal punto di vista etico non ci rappresenta. Ma questa è un’altra storia.

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