L’Europa è stata da sempre da noi interpretata come la nostra bandiera, la nostra identità, il nostro comune sentire. La cultura europea è stata per noi il nostro vitto quotidiano, la nostra musica. Non potremmo mai immaginare vita diversa senza Europa. Privo di cultura europea, nessun abitante del vecchio continente potrebbe dirsi di essere se stesso. Saremmo altri. Saremmo anonimi, poveri, vuoti e inutili essere vaganti in un mondo globalizzato, senza identità, senza radici e ragioni di vita. Dunque, la cultura europea, al di sopra di tutto e di tutti, è la ragion d’essere di ogni cittadino europeo che abbia orgoglio e dignità. E dire Europa significa principalmente dire Francia, la France. Ah! “Le Francais”! Quale italiano può affermare, ad un certo punto della sua vita, di non avere scoperto che i nostri cugini d’oltralpe sono stati indispensabili nel suo processo di crescita culturale e di avvicinamento alla cultura? Come si potrebbe giustificare la peculiarità di essere italiano senza il costante riferimento alla cultura francese? Impossible. Dunque, “douce France”. Ma adesso la domanda diventa un'altra: quale Francia? La Francia della nostra infanzia, la Francia di Alain Fournier, dei grandi della letteratura, del romanzo, dell’arte, della poesia, della musica, del cinema, della moda, della storia, della filosofia, della scienza, oppure quella dei sans papier, dei terroristi italiani salvati dal carcere da Mitterand, dell’integrazione e della multiculturalità odierna che allontana i giovani e li estranea dalla cultura francese? Quale Francia? Fa male scoprire che quella Francia che ci ha fatto battere il cuore tante volte, capace di realizzare l’impossibile sul triplo piano culturale, politico e della scienza, compreso uno schiaffo a un Pontefice, non esiste più. Quella straordinaria e vitale Francia ha lasciato il passo a un paese pieno di sè, inebriato dei suoi successi, superbo, donchisciottesco, presuntuoso, che l’ha trasformata in un paese ibrido, diverso e per certi versi irriconoscibile di come era. Fa notizia per i suoi successi nello sport e nella politica, ma che non entusiasma più in tutto il resto. E’ un paese che è riuscito a costruire una multiculturalità diffusa ma inefficace, che produce più effetti negativi che positivi nella vita sociale del paese. Due esempi per tutti. A scuola, nelle aule francesi, più di una volta i professori sono stati denunciati con polemiche e provocazioni alcune volte puerili, perché insegnano Rousseau che è contrario alle religione musulmana e che Madame Bovary è un testo molto favorevole alla libertà della donna. Il secondo esempio è ancor più pericoloso. Ci riguarda molto da vicino perché si riferisce alle continue e sistematiche aggressioni effettuate contro gli ebrei francesi. Un razzismo sempre più diffuso nelle classi emarginate francesi e un integralismo sempre più violento sono alimentati da milioni di islamici che professano il loro antiebraismo con la violenza nel paese che ha inventato la libertà. Curioso accostamento, enorme antinomia. Se non è questa contraddizione, allora noi siamo Napoleone Bonaparte, con buona pace per tutti, tranne per coloro i quali soffrono a causa di una politica inefficace.
lunedì 12 luglio 2004
Francia: Successi e contraddizioni.
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