martedì 20 luglio 2004

Tra il dire e il fare di un ex-Ministro.

Desideriamo commentare una parte della lettera pubblicata questa mattina sul Corriere della Sera. E’ la lettera dell’ex-Ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, che ha inviato al quotidiano milanese una missiva di risposta a un articolo critico nei suoi confronti. Non ha importanza il nome del giornalista che l’ha provocata, o altri particolari inutili. Ci interessa soltanto commentare la prosa e il contenuto di alcuni passi della lettera dell’ex-Ministro. Ad un certo punto egli dice:
 
 
“Secondo il giornalista sarei contro le privatizzazioni” in base al seguente argomento: i nostri capitalisti non sono meglio dello Stato, come sarebbe evidente nel “caso Finmeccanica”. La tesi non è vera, l’argomento è un argomento falso, l’esempio è fantomatico”.

 
La tesi dell’ex-Ministro è chiara. Lui si ritiene il migliore, non solo come commercialista ma, soprattutto, come ex-Ministro della Repubblica che ha inteso fare gli interessi dello Stato privatizzando a più non posso, laddove tutti gli altri avevano fallito. Tesi un po’ provocatoria, visto che questo è un paese dove le cariche pubbliche vengono utilizzate da quasi tutti i ministri, da qualunque latitudine provengano, non per fare gli interessi dei cittadini italiani, ma per fare il proprio tornaconto o, peggio, gli interessi di una parte del sistema, ovvero di una lobby. E nel caso dell’ex-Ministro Tremonti, non è difficile capire a quale lobby ci si riferisce se non al partito di Bossi che in tema di lobbismo se ne intende, e come. Dunque, il Ministro prodigio, ha fatto molte privatizzazioni e, soprattutto, come è evidente nel “caso Finmeccanica”. Su quest’ultima asserzione vogliamo fare una piccola digressione perché ci piace finalmente che qualcuno ne abbia fatto menzione. Il caso Finmeccanica è un classico caso di come le lobbies lombarde abbiano abbindolato e abbindolino gli italiani. Ricapitoliamo il fatto in modo volutamente poco formale, per far capire come siano andate veramente le cose. Viene deciso di porre questa società sul mercato. Le azioni vengono collocate, insieme ad altre banche, da Banca Intesa, ex Cassa di Risparmio per le Provincie Lombarde, prestigioso gruppo bancario milanès. Bene. Si fissa un valore nominale di circa 1.52 € ad azione e si mettono in moto tutte le strategie per far comprare il titolo ai risparmiatori. Molti piccoli azionisti cadono nella rete, anche perché sollecitate in maniera sfacciata dalla banca. Comprano a 1.52 € con la possibilità di incrementare il guadagno del 10%, se tenute almeno un anno. Bene. Anzi, male. Alla fine dei primi 365 giorni, il titolo diventa i due terzi, dimezza dopo un anno e mezzo per diventare circa un terzo alla fine del secondo anno. Alla faccia degli interessi dei piccoli risparmiatori che, ricevendo questo autorevole, nobile e soprattutto "disinteressato" suggerimento dagli impiegati di Banca Intesa, hanno realizzato un altro buco nel collocamento dei propri risparmi sul mercato. Veder diminuire di circa il 66% il proprio capitale non è una cosa di tutti i giorni. E non c’è da starne allegri. Chi ci guadagna è praticamente Banca Intesa e i suoi amici, che hanno venduto le azioni a 1.52 € per poi, forse, ricomprarle a 0.50 €. Che ne dite? E’ stato un esemplare comportamento di privatizzazione secondo voi? Dunque, il caso Finmeccanica era l’unico caso che l’ex-Ministro non avrebbe dovuto mai menzionare. E invece altero, borioso e provocatorio com’è, è passato dalla difensiva all’attacco. Com’è suo solito. D’altronde, l’attacco non è la migliore difesa? Non lasciatevi incantare dalle parole carine messe lì, in mezzo a una frase. Il secondo elemento della lettera che desideriamo commentare si riferisce al fatto che i grattacapi che ha il capitalismo italiano si riferiscono al fatto che:
 

“Non è questione di classi ma di strutture. Non è questione di capitalisti ma di capitalismo. L’essenza materiale del problema del capitalismo è che in Italia mancano i fondi pensione. E’ questo il pilastro mancante. I fondi pensione non sono infatti solo il secondo pilastro di un equilibrato sistema previdenziale, ma anche – simmetricamente – il primo pilastro finanziario moderno”.

 
Bene, diciamo noi. E perché in tre anni di governo Berlusconi, in cui l’ex-Ministro ha avuto praticamente il monopolio del potere economico e finanziario di tutto il paese, questi benedetti “fondi pensione”, non li ha mai realizzati? Lui che poteva tutto? A cui nessuno avrebbe potuto mai dire di no? Perché? Vuol dire che se non li ha messi su, è perché in fondo non gli interessavano. Dunque, come può giustificare un insuccesso quando l’arma con la quale avrebbe potuto risolvere il problema non l’ha mai adoperata? Suvvia, ex-Ministro, non esageri con l’attacco altrimenti sguarnisce completamente la difesa. Quella difesa che noi ancora non abbiamo mai visto in azione se non quando ricordiamo la famosa frase pinocchiesca che “è stato l’euro a rovinare l’economia italiana”. Capirà che le favole possono nuocere moltissimo, soprattutto quando vengono dette da un ex-Ministro come lei che ha commesso delle imperdonabili scorrettezze ai danni degli onesti lavoratori, cancellando gli effetti di una legge che prevedeva degli impegni precisi presi in Parlamento appena l’anno precedente (art.16 della legge n.448 del 2001). Te capì?



Nessun commento:

Support independent publishing: buy this book on Lulu.