martedì 6 luglio 2004

L’ottimo lavoro del Sindaco Veltroni e la difficoltà del funzionamento del corpo dei vigili urbani.

Da più parti si è d’accordo nel ritenere l’operato del Sindaco di Roma, Walter Veltroni, straordinario, proficuo e coraggioso. Senza ombra di dubbio, da quando è stato eletto alla carica di Primo cittadino, ha operato bene. Molto bene. Risapute le difficoltà che ha un sindaco a operare nella città di Roma, vera cloaca di maleducazione e sgarbatezza, aggiungerei che il Sindaco ha operato in maniera superlativa, cioè benissimo. Dunque, alla base di questo trafiletto, vi è un giudizio molto positivo di competenza, capacità, autorevolezza, coraggio e lungimiranza politica, civile, etica e sociale. Abbiamo tutti ammirato, e continuiamo ad ammirare, le battaglie che il Sindaco Veltroni ha compiuto contro le varie aggregazioni di lestofanti romani. Mafie, consorterie, cosche, racket, delinquenze organizzate indigene e straniere, camorre e ‘ndranghete unite per fare festa e banchetti con i soldi pubblici dei cittadini, indubbiamente hanno trovato un osso duro di cui i romani dovrebbero esserne fieri. Contro l’abusivismo edilizio, con tanto di interventi risolutivi con le ruspe, il Sindaco ha agito con decisione, senso del dovere, responsabilità e coraggio. Contro i manifesti e le affissioni abusive, ha agito con determinazione colpendo inesorabilmente laddove possibile l’organizzazione criminale che gestiva il traffico illegale dei cartelloni abusivi fuori legge. La lotta ferma e risoluta contro i parcheggiatori abusivi, vera piaga delinquenziale della capitale, è stata dura e continua tutt’ora. Tenere a freno le richieste ricattatorie dei gruppi e dei clan di interessi romani in tutti i campi in cui vi è la possibilità di guadagno facile e illegale deve essere stata e continua ad essere un impegno valoroso di cui si deve dare atto al Sindaco dell’eccellente lavoro svolto. I politici locali, al di là delle etichette, dovrebbero riconoscergli il ruolo di infaticabile organizzatore degli interessi dei cittadini e della città. Basta così, o vi è qualcos’altro da aggiungere?
In una città come Roma vi sarebbero tante cose di cui lamentarsi. Ne desidero rilevare solo una in questo momento. Riguarda il ruolo delicatissimo che svolge la polizia municipale nella vita della comunità romana, i tanto vituperati “vigili” urbani, che a nostro parere vigilano poco. “Vigile” è un aggettivo e un sostantivo maschile. Nella prima accezione significa che vigila, che sorveglia, che è attento e intento a essere pronto a sanzionare comportamenti scorretti. Significa, cioè, che segue con grande impegno una situazione perché non degeneri, perché si svolga in un determinato modo, secondo la legge, per poter intervenire con prontezza ed efficacia, se è necessario. Nella seconda accezione significa che è un funzionario che appartiene a un corpo che dipende da una amministrazione comunale ed è addetto alla vigilanza sull’applicazione dei regolamenti di polizia urbana e, in particolare, del traffico. Dunque, dovrebbe, vigilare che il traffico proceda. Se, viceversa, non dovesse procedere dovrebbe intervenire risolvendo il problema. Ebbene, ci si permetta di affermare che i vigili a Roma non vigilano come dovrebbero, e lasciano spesso scorazzare gli automobilisti in modo assolutamente incivile, sanzionando quasi esclusivamente i divieti di sosta. Non siamo i primi a dirlo e non saremo neanche gli ultimi. Ma è così. Anni fa uno dei più famosi e illustri cittadini romani, l’indimenticabile attore Alberto Sordi, recitò in un film la parte di un inflessibile vigile che colpiva implacabilmente i comportamenti illegali dei suoi cittadini, compresi quelli del suo Sindaco, di cui ne sanzionò una volta una non certo esemplare condotta. Al di là delle gesta teatrali e tragicomiche di attore insuperabile, rimane il fatto che il film metteva alla berlina il comportamento di quel vigile inflessibile e coraggioso, evidenziandone i limiti che lo riguardavano come vigile urbano e come uomo perché inflessibile. Non fu compresa per niente l’eroica lezione educativa che aveva il modo di sviluppare con l’inflessibile e corretto suo comportamento di vigile tutto dedito a controllare che le cose funzionassero bene. Purtroppo, l’inflessibilità e la fermezza, nel credo valoriale del proprio lavoro, non sono comportamenti caratteristici dei funzionari capitolini, se è vero come è vero che più di un funzionario è stato colto con la “mazzetta” nascosta addirittura nelle mutande. La latitanza della polizia municipale è a nostro parere la causa principale del disastro educativo dei comportamenti incivili di una parte della popolazione romana. Proprio così. I vigili dovrebbero essere degli autentici maestri dei principi educativi, che dovrebbero ricordare ai cittadini quali sono i comportamenti civili corretti e quali quelli incivili da sanzionare. Non tanto e perché vi è alla base la esigenza di una vendetta, ma come principio primo di educazione alla vita sociale e come modalità di essere cittadini in cui ciò che è importante è il bene della comunità e non dei singoli. Dunque, il mancato assolvimento degli obblighi etici e valoriali di molti vigili comporta concretamente, tra le altre cose, una forma di abitudine alla diseducazione della popolazione, che la induce a rafforzare il convincimento, in verità molto comune, che è meglio che ognuno faccia per sè. Che è una maniera sfumata di dire che infischiarsene della presenza del tutore dell’ordine motorizzato è la cosa più giusta. Non a caso a interventi di terzi che assistono a una disputa, il malfattore dice in dialetto: “Ma chi te conosce”? “Ma fatti i fatti tuoi”. Quando addirittura non si chiede esplicitamente l’impunità: “Noantri semo romani e facemo quello che ce pare”. Le pare serio Signor Sindaco?

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